“E chi era questo Bartali?” Un’autorevole riflessione sulla notizia del giorno: Bartali alla maturità

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Pubblichiamo con grande piacere le riflessioni del nostro socio onorario Stefano Pivato sulla notizia del giorno, l’apertura della maturità a un tema di storia dello sport:

Devo dire che stamane la prima reazione, leggendo i titoli dei giornali on line che parlavano del tema di maturità su Bartali, è stata di soddisfazione. E anche di orgoglio visto che il «De
Gasperi del ciclismo» è stato una dei temi prediletti della mia ricerca. Poi però ci ho riflettuto meglio: insegno da oltre quaranta anni storia contemporanea e, secondo una elementare concatenazione, ho sempre chiesto ai miei studenti gli argomenti dei testi sui quali avevano studiato oppure dei quali avevo parlato. Troppo elementare? Forse, ma questa si chiama didattica.
Ebbene quanti manuali sui quali si sono preparati i maturandi di quest’anno riportano il nome e le gesta di Gino Bartali? Quanti, ancora, si soffermano sul fatto che lo stesso campione «avrebbe» (il doppio condizionale è d’obbligo) salvato l’Italia da una rivoluzione che nessuno voleva? Provate andare a guardare quei manuali di 7-800 pagine di storia dell’ultimo anno delle superiori e rimarrete delusi. L’impianto ‘crociano’ (mi si passi la
semplificazione che, in sintesi significa la restituzione di una storia etico-politica) della maggior pare dei nostri manuali è un elenco di quella che i francesi si definirebbero histoire bataille (grandi personaggi, grandi eventi, battaglie, etc.). Dunque?
Dunque messa così il titolo di stamane su Bartali fa fare una gran bella figura ai funzionari ministeriali («Visto? Mica siamo dei babbioni che si occupano solo di Cavour Mazzini o Mussolini, ma anche di quei personaggi ‘eccentrici’ che hanno fatto la storia). Sarebbe una risposta stupenda ma prima i signori del ministero raccomandino agli autori e agli editori di inserire nei loro manuali eventi di Storia sociale.
Ma quanti ragazzi fra quelli che stamane hanno dato la maturità hanno sentito parlare di Bartali?. O di Coppi? Forse qualche racconto del nonno. I più fortunati magari hanno visto lo sceneggiato di Alberto Negrin con Pierfrancesco Favino.
Ma, per favore, siamo seri. Insomma, date quel tipo di temi quando i ragazzi avranno avuto modo di studiare certi argomenti. Perché Coppi, Bartali, Carnera, Meazza, Nuvolari e altri protagonisti dello sport grandi lo sono stati davvero. E non solo per i risultati sui traguardi (come Bartali appunto). Ma perché hanno incrociato la storia d’Italia (e spesso non solo quella). E la storia dello sport, non come mera elencazione di record primati e classifiche, ma come insieme di eventi che incrocia le passioni, le emozioni e le ideologie del nostro paese (dall’età liberale al fascismo, dalla repubblica all’età dei populismi) è davvero un contenitore di insegnamenti straordinario. Però prima, Signori del Ministero, fatela scrivere
sui manuali e fatela insegnare ai docenti la storia dello sport. Non perché è meno «noiosa» della Prima o della Seconda guerra mondiale ma perché è storia anche quella. E perché sono storie che sul piano delle emozioni collettive aiutano i ragazzi a capire la realtà nella quale viviamo. E la specificità della storia dello sport consiste nel situarsi all’incrocio fra una serie di discipline che vanno dalla storia alla filosofia, dalla letteratura alla antropologia, dalla pedagogia alla presentazione di scenari veicolati da una nuova figura di «eroe», il campione, che nell’immaginario del Ventesimo secolo viene a sostituire uno dei simboli più caratteristici della cultura classica. Perchè, come ha scritto anni fa uno storico della letteratura, sono proprio le figure dei campioni sportivi che, a partire dall’inizio del Ventesimo secolo, sostituiscono il logoro mito letterario dell’eroe.
E allora, Signori del Ministero, quella storia fartela studiare altrimenti il titolo su Bartali che avete «sparato» stamattina è la carta a carbone di certi provvedimenti governativi (non solo di quelli del’attuale governo beninteso) esibito per un vanaglorioso maquillage («visto come Siamo alla page?») che è l’esatto contrario di ogni principio educativo. Insomma, Primum docere

Stefano Pivato

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