E’ scomparsa mercoledì la pattinatrice Grazia Barcellona, che aveva iniziato da poco a collaborare con alcuni storici SISS per il recupero della memoria sportiva della storia del pattinaggio su ghiaccio italiano. Sul suo prezioso archivio segnaliamo il saggio in quattro parti uscito su Playing Pasts (trovate il link qui).
Ricordiamo questa atleta con le parole del nostro socio Marco Giani:
Mercoledì è venuta improvvisamente a mancare la pattinatrice artistica su ghiaccio Grazia Barcellona (Milano, 22 gennaio 1929 – 2 ottobre 2019). Rappresentante dell’Italia alle Olimpiadi Invernali di St. Moritz 1948 nel pattinaggio (gara singola femminile, e in coppia con il milanese Carlo Fassi, suo partner lungo tutta la carriera), Grazia è stata per molti anni, a cavallo fra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta, campionessa nazionale di queste due specialità, dopo aver mosso i primi passi al Palazzo del Ghiaccio di Via Piranesi. Terminata la carriera agonistica, divenne giudice di gara, partecipando alle Olimpiadi Invernali di Cortina 1956 come membro della Segreteria.
Grazia veniva da una famiglia di donne sportive: le sue zie Luisa, Marta e Rosetta Boccalini fecero infatti parte del Gruppo Femminile Calcistico, la prima squadra di calcio femminile in Italia. Durante quel 1933 sua madre Giovanna Boccalini Barcellona (poi partigiana, e nel dopoguerra consigliera comunale per il PCI) aiutò l’organizzazione della squadra delle sorelle, e crebbe Grazia (ultima testimone oculare vivente del GFC, nonostante fosse all’epoca solo una bambina di 4 anni) in un clima di interesse verso lo sport, sostenendola lungo tutta la sua carriera da pattinatrice.
Durante questo novantesimo e ultimo anno di vita, Grazia ha generosamente accettato di raccontare attraverso una serie di interviste la sua storia sportiva (e non solo), così che potesse essere tramandata. In particolare, oltre alle interviste rilasciate a storici e storiche dello sport, nonché a giornaliste, mi piace ricordarla per la squisita disponibilità con la quale a inizio giugno ha risposto alle domande di quattro mie giovanissime studentesse di Storia: su cosa volesse dire rimanere libera mentre il regime fascista provava a sfruttare per la propaganda il suo talento sportivo di adolescente; su come riuscì ad a pattinare mentre Milano veniva bombardata; sull’orgoglio di rappresentare, non ancora ventenne, l’Italia ormai liberata sul palcoscenico internazionale dei Giochi Olimpici.
Marco Giani